Nel corso dei lavori della Commissione Speciale d’inchiesta abbiamo ricostruito la storia della pandemia in Veneto mettendo in ordine i dati, i documenti e i provvedimenti che hanno contraddistinto le varie fasi.
Ma più che la prima inattesa ondata, è la seconda fase il centro delle nostra contestazioni.
Una cosa è certa, era il presidente Luca Zaia a prendere ogni decisione. Ed ha fatto di tutto per rimanere in zona gialla, evitando le restrizioni della colorazione rossa: dalla determinazione dell’indice Rt al numero di letti in terapia intensiva, fino
all’interpretazione dei casi positivi sul numero di tamponi effettuati.
Anche a seguito dei provvedimenti nazionali dei primi di novembre che introducono il cosiddetto “mini lockdown” serale e riprendono ad assumere misure restrittive, la Regione Veneto continua, per quanto possibile, a tenere larghe le maglie delle attività economiche. Ma per farlo serviva un indice Rt inferiore a 1.
Purtroppo, anche sull’attendibilità di questo indice si sono evidenziate diverse incongruenze, prima tra tutte quella relativa ad una non corretta imputazione proprio nel momento in cui la rilevazione nella nostra Regione aveva superato
il valore critico dell’1,5.
In particolare, durante le audizioni è emerso che tra ottobre e la prima settimana di novembre ci sia stata una difficoltà nel caricamento a sistema dei dati relativi al tracciamento dei positivi. A cascata, i dati comunicati agli enti nazionali preposti sono risultati parzialmente incompleti o non perfettamente corretti, anche se all’interno della tolleranza permessa. Un tracciamento incompleto o impreciso dei casi ha una serie di implicazioni. Direttamente sul calcolo di Rt ma indirettamente anche su altri dei 21 indicatori previsti dal Ministero per l’attribuzione del livello di allerta e di restrizioni (colori).
Sappiamo come la seconda ondata, seppur con qualche differenza in termini di scansione temporale, abbia impattato su tutto il nostro Paese, e sul Nord in particolare, dall’autunno 2020. In alcune Regioni sono state tempestivamente applicate le misure restrittive previste dal Governo. La Lombardia è dichiarata “zona rossa” dal 6 novembre, l’Emilia Romagna va in “zona arancione” la settimana successiva. Queste decisioni sembrano aver inciso efficacemente sui casi di contagio, tanto che i decessi sembrano aver superato il picco e la pressione sugli ospedali inizia a calare.
Fa eccezione il Veneto, in cui la situazione è in peggioramento e i numeri mostrano che il virus continua a circolare, arrivando, a metà dicembre, a oltre 5 mila nuovi casi
in un giorno. Ma nonostante questo, il Veneto rimane in zona gialla.
