Dal presidente Zaia mi attendevo un intervento in Aula, da noi chiesto da settimane, più di sostanza e soprattutto non intellettualmente disonesto.
Da parte sua, infatti, abbiamo assistito al tentativo di sminuire la portata della sentenza della Corte costituzionale sulla legge Calderoli: ma non è così che si può pensare di aprire un ragionamento serio, da tenersi in questa sede, sulle possibili nuove forme di autonomia differenziata.
È un atteggiamento di retroguardia quello di guardare a ciò che resta in piedi della Calderoli dopo la sentenza nell’evidente tentativo di proseguire con la logica della speculazione propagandistica.
La realtà è che la Corte non solo smonta la legge, ma ribalta l’impostazione leghista sull’autonomia, perché dice che l’autonomia esiste solo se è collaborativa e convergente verso l’unità della Repubblica.
Zaia a questo proposito si dimentica di dire che, sotto il suo governo, la Regione propose un quesito referendario chiedendo ai cittadini se volevano una repubblica sovrana e indipendente. Senza dimenticare che il riferimento all’unità del Paese scompare persino nello Statuto della Regione.
La Corte esclude l’attribuzione massiva di materie, perché ciò va in contrasto con i principi di sussidiarietà e collaborazione.
Eppure, Zaia ha ancora in mano la delega che gli venne data, ovvero quella di chiedere l’attribuzione, tutte e subito, di 23 materie. Una mossa fondata su una logica di potere da ‘padroni a casa nostra’: una leva per quantificare esclusivamente soldi e non per guardare ai bisogni delle persone.
Oggi serve un cambio di impostazione: dopo tre decenni, ridursi come fa Zaia a portare a casa solo un pezzetto di Protezione Civile dimostra l’inefficacia della proposta leghista. Noi oggi vogliamo rilanciare un’autonomia differenziata che rimetta al centro i bisogni dei cittadini e le specificità del territorio.