La vicenda politica legata al Terzo mandato rivela tre profonde debolezze: la prima, del Presidente Zaia, che piega i suoi convincimenti al tuo tornaconto personale; la seconda, del segretario regionale Stefani, che pur di accontentarlo si presta ad operazioni imbarazzanti come questa proposta di legge; e infine quella del partito di maggioranza relativa in Regione, la Lega, che avendo finito le idee e le proposte per il Veneto si rifugia nel scorciatoia della presidenza a vita per Zaia.
La proposta di legge firmata da Stefani non può non apparire confezionata su misura per Zaia, cosa evidente al di là di ogni ipocrisia.
Tutto questo contravvenendo ad un principio, quello del limite dei due mandati, che è scritto in una legge nazionale e ribadito anche da sentenze della Corte Costituzionale.
Una presidenza che va oltre i dieci anni di durata porta con sé il rischio di una eccessiva concentrazione di potere nelle mani di un singolo, trattandosi di un ruolo esecutivo monocratico, oltre che di compromissione delle pari opportunità nelle competizioni elettorali.
Un principio cristallino, a tal punto che lo stesso presidente Zaia, agli esordi del suo mandato, non solo ha voluto venisse assunto nella legge elettorale regionale, cosa che non tutti i presidenti di regione hanno fatto, ma lo ha pure esteso anche in relazione ai componenti della Giunta.
È chiaro che se la proposta Stefani venisse approvata, bisognerebbe modificare anche la legge elettorale del Veneto.
C’è da chiedersi quando e perché il presidente Zaia e la Lega abbiano cambiato radicalmente idea.
L’unica risposta plausibile è quella di una logica personale che, con l’avvicinarsi della scadenza del già Terzo mandato di Zaia, ha preso via via il sopravvento.
La Lega, invece di aggrapparsi alla presidenza a vita e ai colpi di mano normativi, dimostri piuttosto di avere argomenti e progetti politici validi per la Regione e magari più convincenti per i suoi stessi alleati, cosa che ad oggi non mi pare in grado di fare.