Un anno fa, quando il brutale femminicidio di Giulia Cecchettin ci ha travolto, ci eravamo presi l’impegno che anche la politica dovesse continuare a “fare rumore”.
Un compito che abbiamo voluto assumere predisponendo il Progetto di legge per l’istituzione di un Osservatorio regionale sulla violenza contro le donne.
Una proposta pensata innanzitutto per cogliere, e scardinare, quegli stereotipi culturali che stanno alla radice del fenomeno sociale degli abusi ai danni delle donne e che impediscono, nei fatti, il raggiungimento di una condizione di piena uguaglianza.
È indubbio che, seguendo i principi sanciti dalla Costituzione, via maestra per le conquiste sociali, si sono succeduti nel tempo interventi legislativi che hanno cancellato disposizioni normative di stampo patriarcale. Ma resta ancora ben presente, nella mentalità, negli atteggiamenti, nelle relazioni di potere e, più in generale, nella nostra impalcatura sociale, uno strisciante pregiudizio culturale che penalizza le donne.
Esattamente quello che sfocia, purtroppo non di rado, in minacce, soprusi, violenze, umiliazioni. Per non aver ubbidito agli ordini, per aver violato regole di ruolo o per aver sovvertito gerarchie che si trovano ancora incardinate nella mentalità patriarcale delle moderne società.
Ogni tentativo di interpretare queste violenze rimuovendo la questione di genere, e dunque il tema del predominio maschile quale fattore generativo, è inutile, oltre che sbagliato.
Non dobbiamo, insomma, aver paura di parlare esplicitamente di patriarcato, di riconoscere con onestà i radicati pregiudizi di genere di cui tutti siamo, più o meno consapevolmente, portatori. Solo così potremmo provare ad incrinarne l’ordine sociale conseguente e costruire una società più giusta perché più paritaria.

Adottare una prospettiva chiara di analisi di questi fenomeni, uscendo dalla retorica fuorviante che racconta i femminicidi solo come gesti estremi, isolati e individuali, e assumere la violenza di genere quale elemento strutturale dei comportamenti sociali, è indispensabile per attuare politiche pubbliche di contrasto e prevenzione che siano realmente efficaci ed effettive.
Per questo serve capire.
Per questo serve un osservatorio quale luogo dell’approfondimento, della comprensione, del confronto con tutti i soggetti che, a diverso titolo, incrociano la violenza e le discriminazioni di genere, dalle istituzioni alle forze dell’ordine, dalle associazioni del settore alla scuola. Per intervenire dove la legge, e le regole codificate, da sole non riescono ad arrivare: cambiare la società e il suo impianto culturale.
Dobbiamo interrogarci tutti su cosa fare per evitare che le nostre figlie possano diventare vittime e i nostri figli carnefici.
La nostra proposta di legge, votata all’unanimità dal Consiglio regionale e sottoscritta trasversalmente da tanti consiglieri regionali, oggi è Legge.
