Covid: il fallimento di Zaia

il Veneto è, ormai da due mesi, in testa alla drammatica classifica dei contagi. Oltre 2.500 ricoverati nei reparti, più di 350 persone in terapia intensiva, quasi 7.400 decessi dall’inizio della pandemia. Con questi numeri non c’è più giustificazione che tenga.

Il racconto dell’elevato numero di tamponi effettuati, la variante inglese, le disponibilità di ulteriori posti letto, sono solo tentativi maldestri di nascondere, ancora una volta, la disastrosa gestione di Zaia che fa del Veneto la prima regione in Italia per numero di positivi e numero di decessi in rapporto alla popolazione.

Non esiste nessun “modello Veneto” virtuoso contro il Covid.
Abbiamo reagito meglio alla prima ondata solo perchè i contagi si erano diffusi in una zona territorialmente circoscritta come il piccolo comune di Vò, e grazie alle intuizioni del Professor Andrea Crisanti e all’abnegazione di medici e operatori del sistema sanitario.

Oggi, nel pieno della seconda ondata, siamo invece travolti. Travolti per l’utilizzo indiscriminato dei test rapidi, sulla cui validità c’è molto da dire, per aver scientemente abbandonato il sistema di prevenzione del contact tracing, per i messaggi rassicuranti rispetto ad una situazione che invece è fuori controllo. E per la pervicace volontà di Zaia di voler restare a tutti i costi in “zona gialla”, per salvare se stesso sulla pelle delle persone.

In Consiglio regionale abbiamo chiesto più volte di cambiare strategia, rimanendo purtroppo inascoltati. Ascolta la mia replica in Consiglio regionale all’intervento di Luca Zaia (clicca qui)