Il rinvio a settembre dell’analisi degli emendamenti non dipende dal PD ma dai limiti oggettivi contenuti in un disegno di legge, quello proposto dal ministro Calderoli, pieno di lacune, errori ed omissioni, che necessitano di approfondimenti e correzioni.
Il mancato coinvolgimento del Parlamento, le insufficienti risorse finanziarie stanziate e la grave indeterminatezza nella definizione dei LEP sono gli esempi più eclatanti di come la proposta della Lega non stia in piedi così com’è. Del resto, non è la prima volta che la Lega si dimostra inadeguata quando si tratta di passare dalle parole ai fatti.
Il PD al Senato ha presentato una strutturata proposta emendativa, sulla quale il Governo non è neppure riuscito a dare per tempo i prescritti pareri. La nostra non è una condotta finalizzata a fare ostruzionismo ma a correggere le gravi storture del testo presentato.
Bisogna raccontare la verità.
E dire che la ragione dello slittamento sta tutta dentro le contraddizioni interne alla maggioranza di Governo, che trasformando la richiesta di autonomia in mera merce di scambio ha proposto un processo congiunto tra il Ddl Calderoli e la partita sul presidenzialismo: un tentativo goffo di tenere insieme riforme diverse, che prevedono tempi diversi e iter legislativi diversi.