La prima volta che si è iscritta a un partito non era neanche maggiorenne.
«Avevo l’ambizione di cambiare le cose che non funzionavano nel mondo» ricorda ora, che di anni ne ha 49. Quattro da deputata e cinque da consigliera regionale, di cui la metà da capogruppo del suo partito: il Partito Democratico. Eppure, chi la conosce bene giura che per Vanessa Camani non è cambiato poi molto da allora: tenace, preparata, pure testarda, le caratteristiche che sono un riconoscimento bipartisan. «Oggi le modalità con cui i giovani possono far sentire la loro voce sono tante: le associazioni, i movimenti per la pace e per la cura del pianeta. Io continuerò a farlo con il partito».
Camani, si ricandiderà in Consiglio regionale?
«Sì, il Pd mi ha chiesto di candidarmi come capolista e io ho dato la mia disponibilità. Contro una destra che, alla fine di un’era politica, non sembra avere la capacità di far partire una stagione nuova».
Capolista come Zaia…
«Sembra una barzelletta: lui che in Aula, da presidente, è venuto una volta all’anno…».
C’è chi ha parlato di un suo fastidio per la corsa in Regione di Virginia Libero, nel suo stesso collegio…
«Il centrosinistra è unito. E a Virginia auguro di fare una bella campagna elettorale».
Perché il centrodestra non è preparato a voltare pagina?
«Non ha un candidato e non ha un programma condiviso. Mentre noi abbiamo entrambi. La differenza è evidente».
In Veneto, però, nonostante il suo elettorato moderato, il centrosinistra non sembra fare breccia.
«Ma le parole di Vannacci, come le mire di Salvini – il ponte sullo Stretto – sono lontanissime dai bisogni di questa regione, che cerca risposte su impresa, politiche industriali, sanità, scuola pubblica, lavoro. Come il centro Italia è storicamente di sinistra, il Nord è spostato verso il centrodestra. Ma è uno schema che può essere ribaltato. La fine dell’era Zaia ha reso evidente il respiro corto di questa amministrazione, e mai come ora si aprono delle prospettive interessanti per il centrosinistr».
I continui litigi con FdI – primo partito in Veneto – sulla Resistenza; Vannacci che evoca la Decima Mas. In Veneto c’è un problema con l’antifascismo?
«A Pontida, con Vannacci, è stata sancita la morte politica della Liga Veneta e della sua vocazione settentrionalista. È un partito dell’ultradestra, in una posizione già occupata da FdI. Mentre la forza della Lega era la vocazione territoriale di Zaia».
Un rimpianto, per qualcosa che non è stato fatto, in questi cinque anni?
«No. Abbiamo combattuto ogni battaglia su tutte le questioni che riguardano la vita dei veneti. I rimpianti stanno in maggioranza per le tante occasioni perse per riconoscere i bisogni. Ma la cosa più offensiva è stata ridurre il Veneto a palcoscenico sul quale c’era un unico, grande protagonista. Ma i nodi, che sono stati sistematicamente nascosti, ora stanno tutti venendo al pettine: la crisi del sistema sanitario pubblico, l’impoverimento del lavoro, l’indebolimento del sistema produttivo».
L’assenza dell’approvazione di un bilancio costringerà la prossima amministrazione a navigare a vista…
«Sono cinque anni che denuncio la mia preoccupazione per la tenuta dei conti della Regione, la cui politica è sempre e solo stata orientata al taglio dei servizi. Zaia non ha potuto spendere i soldi, perché li aveva finiti, ma non l’ha mai detto. Ora ci siamo alla canna del gas e con poco più di 40 milioni di spesa libera, per affrontare le enormi questioni irrisolte di questa Regione, a partire dalla non autosufficienza e dalle liste d’attesa in sanità».
Una promessa agli elettori?
«L’impegno per dare voce a chi, in questi anni, è sembrato invisibile. Che sia tra i banchi della maggioranza o dell’opposizione».
