Siamo arrivati all’ultima manovra di bilancio dell’era Zaia.
Ed è già grave che anche in questa occasione il presidente abbia scelto di essere altrove, preferendo l’ennesima inaugurazione a favore di telecamere. Ma ancor più desolante è questo assestamento, specchio di una gestione che negli anni ha portato il Veneto ad un lento declino.
Di fatto, viene fatta una distribuzione a pioggia delle risorse disponibili, pari a 38 milioni. Spalmati tra i vari assessorati ma senza individuare una destinazione in grado di affrontare almeno alcune delle criticità. Segno di una mancanza di programmazione e idee. Il fatto stesso che siano stati incassati a sorpresa 26 milioni di maggior gettito Irap, per merito esclusivo delle nostre imprese, è emblematico di questa incapacità previsionale. 129 milioni di nuovo debito, che sommati a quelli del bilancio di previsione, portano il totale debitorio a 300 milioni. E questo sarebbe il tanto decantato bilancio risanato.
La verità è che per la prima volta dal 2017 per la Pedemontana, vengono accesi nuovi mutui. E non per obiettivi di straordinaria importanza bensì per continuare a gestire l’ordinario. Siamo noi i primi a sostenere la necessità di programmare gli investimenti ricorrendo anche all’indebitamento: ma per rilanciare il Veneto, in un’ottica ambiziosa. Non di certo per proseguire nella tecnica dell’opossum di questo governo regionale. Una tecnica del far finta di essere morti per non fare nulla.
In questo senso siamo difronte ad una assenza di politiche residenziali a favore del ceto medio e di investimenti per la riqualificazione degli alloggi Ater. Ma anche sulla transizione ecologica chi ha governato il Veneto ha preferito negare i cambiamenti climatici invece di proteggere chi non aveva i soldi e ha in ogni caso dovuto affrontare la transizione.
Stessa cosa per i fondi Pnrr: avevamo a disposizione 300 miliardi, ma quali sono i segni del cambiamento epocale che era logico attenderci in Veneto? In realtà le risorse intercettate sono servite solo per realizzare cose che si attendevano da 30 anni. E anche sulle Case e sugli Ospedali di Comunità ci ritroviamo ad arrancare.
“Proprio in merito alla sanità, per colpa di questa condotta senza ambizioni e dell’accettazione passiva che gli strumenti a disposizione fossero scarsi, la sanità pubblica, nella quale il Veneto era all’avanguardia con il suo modello di integrazione sociosanitaria, è precipitata nello smantellamento. Invece di essere orgogliosi sventolando le bandiere col Leon, bisognava mostrare orgoglio difendendo in modo identitario quel sistema. Il risultato è che calano i servizi e aumentano i bisogni e che in questi anni di Zaia è stata disegnata una società nella quale chi è in difficoltà resta indietro: dai giovani costretti a emigrare – prosegue Camani – alle donne che continuano a faticare per avere dignità e pari condizioni nel mondo del lavoro. Tutti temi rimasti fuori dalla discussione di questi anni di legislatura”.
Sul fronte economico e produttivo, questo governo veneto aveva ereditato una regione che correva più delle altre: una Ferrari che andava al doppio della media del Paese. Nel 2024 invece il Pil del Veneto è cresciuto solo dello 0,5%, ovvero sotto la media nazionale pari allo 0,7%. Facendoci perdere terreno e rimanendo ancora una volta passivi, immobili come gli opossum.
Tanto è vero che oggi, dopo 26 mesi ininterrotti di caduta della produzione industriale, le uniche risorse stanziate con l’assestamento sono 400 mila euro per i distretti commerciali.
Lo stesso vale per le infrastrutture, con la Tav in ritardo di 30 anni e vuoti clamorosi come quello nella provincia di Padova di cui solo ora le forze di centrodestra si accorgono.
C’è forte preoccupazione per il futuro. Se c’è una cosa che questa manovra di fine impero dimostra e insegna è che serve cambiare la modalità nel governare i cambiamenti. Per garantire sviluppo e al tempo stesso, ridurre le disuguaglianze.

