La precisazione con la quale la Regione affronta il tema della mappatura sistematica dei nei, non più prevista come prestazione a carico del Servizio sanitario nazionale, non sposta il problema del buco di prevenzione che è venuto a crearsi.
Dire infatti che ‘non cambia nulla per i pazienti’, che possono comunque, in casi sospetti, rivolgersi al medico di famiglia, il quale potrà formulare la richiesta di visita se lo riterrà necessario, appare come il tentativo di ridimensionare la portata di quanto sta accadendo.
Ricordiamo che in Veneto, secondo i dati del registro tumori regionale, i melanomi rappresentano il quinto tipo di malattia oncologica più frequentemente diagnosticata e che il loro numero è in crescita. Lo stesso IOV consiglia, quale strumento indispensabile per la prevenzione, la visita dermatologica annuale per i soggetti con fattori considerati a rischio: cute e occhi chiari, familiarità, numero elevato di nei. In questi casi la mappatura è fondamentale e non può essere cancellata con un tratto di penna.
E se è vero che la decisione è di livello nazionale, è altrettanto innegabile che la Regione avrebbe potuto inserire lo screening come extra Lea per i casi più a rischio.
In più, con questa impostazione, si scarica nuovamente sui medici di medicina generale pure il controllo preventivo e l’eventuale valutazione dell’ipotetica pericolosità o meno di un neo per fare poi l’eventuale prescrizione per la visita dermatologica specialistica.
Insomma si tratta di una precisazione che non può sollevare la Regione da ogni responsabilità.

